Ieri parlavamo di anime. La maggior parte dei protagonisti va a scuola, o almeno sono legati ad essa.
A differenza nostra, l'anno scolastico inizia ad aprile e finisce a marzo.
A 6 o 7 anni di età le bambine ed i bambini giapponesi entrano nella prima classe della scuola elementare, che prevede sei anni di studio: l'istruzione obbligatoria comprende elementari e medie inferiori (3 anni di studio) cui si aggiungono altri 3 anni non obbligatori di scuola media superiore, formando un sistema di istruzione scolastica del tipo "6-3-3", anche se dal 1999 alcune scuole hanno unito medie inferiori e superiori costituendo sei anni ininterrotti di scuola secondaria.
Una caratteristica importante del sistema scolastico giapponese sono gli esami di ammissione, obbligatori ad ogni grado per entrare negli istituti privati (l’accesso alle scuole pubbliche è aperto, ma il loro livello qualitativo è estremamente basso e i diplomi che vi si conseguono non sono spendibili sul mercato del lavoro, per cui la quasi totalità delle famiglie giapponesi cerca di mandare i propri figli alle scuole private). Anche l'accesso alle università è regolato da esami di ammissione. Le due università più prestigiose sono L'Università di Tokyo e l'Università di Kyoto e sono pubbliche. Tali esami, soprattutto quello per l’ammissione all’università, sono estremamente difficili e non possono essere affrontati con una preparazione generica, e per questo la maggior parte degli studenti giapponesi, al termine della giornata scolastica (che inizia alle 08.50 e si prolunga sino alle 16.00), si recano ai corsi di ripetizioni integrative (a pagamento), che solitamente iniziano alle 17.00 e possono durare sino alle 23.30 di sera. Questa mole di studio è giustificata dalla circostanza che ancora oggi il sistema lavorativo giapponese offre posti quasi sicuri ai laureati, e garantisce l’occupazione a vita. Per questo ottenere un diploma o una laurea con ottimi voti costituisce un obiettivo fondamentale che giustifica le ingenti spese e i sacrifici delle famiglie giapponesi per l’educazione dei figli.
Le scuole giapponesi sono note per il loro rigore, in quanto la severità dell’istituto è considerata come nota di merito e aggiunge valore al diploma conseguito. L’osservanza dei regolamenti scolastici (che cambiano da istituto a istituto) è d’obbligo e le pene sono molto severe. I regolamenti sono puntigliosi, arrivano a precisare anche i dettagli più insignificanti delle uniformi scolastiche. Nel caso si venisse bocciati o sospesi per gravi episodi si è costretti a cambiare scuola e trovarne un'altra, e ciò può influire negativamente sul proprio curriculum; infatti anche nei colloqui di lavoro viene data molta importanza alla scuola frequentata e al rendimento avuto, perché un buon studente viene considerato un buon lavoratore. Il rigore con cui gli studenti giapponesi sono allevati inizia sin dall’asilo prosegue per tutta la durata della scuola dell’obbligo, e all'università.
Le lezioni hanno luogo la mattina e il pomeriggio, dal lunedì al venerdì, il sabato invece solo la mattina; la giornata scolastica inizia verso le 8:40 preceduta da una riunione degli insegnanti e da una riunione di classe.
E' abitudine che le lezioni, che durano cinquanta minuti intervallate da dieci minuti di ricreazione, inizino e finiscano con il saluto: dopo essere stato annunciato da uno studente preposto a tale compito, studenti e professore si alzano per pronunciare, in coro, la parola rei. Verso mezzogiorno il pranzo e a seguire le ultimelezioni che si concludono con la pulizia delle classi,verso le 16.30, alle volte seguita da un'altra riunione.
La maggior parte degli istituti, medi inferiori e superiori, richiedono ai propri studenti di indossare una divisa: quelle maschili sono solitamente di colore scuro (quella estiva è un'eccezione poiché prevede la camicia bianca) con colletti alti e rigidi, quelle femminili sono di solito blu con gonna a pieghe (alla marinara).Sulle divise tutte uguali un distintivo colorato li differenzia e li identifica, a seconda del liceo e dall'anno.
Non esiste la figura del bidello, ma la pulizia di tutta la scuola viene portata a termine da tutti gli studenti, divisi in gruppi, sotto l'occhio vigile dei professori. Ogni gruppo è responsabile di una zona della scuola. In alcune scuole è vietato portare gioielli o tingersi i capelli. Le azioni degli studenti sono tenute severamente sotto controllo soprattutto per il buon nome dell' istituto, viene spesso ricordato loro che all'esterno rappresentano la scuola stessa, persino prima delle vacanze,che siano scolastiche o private, lo studente non sfugge a numerose raccomandazioni orali o addirittura scritte; all'esterno lo studente è identificato dalla sua uniforme, simbolo dell'istituto di appartenenza.
La maggior parte solitamente sono i club sportivi, un posto di primo piano è occupato dalle arti marziali, dal baseball e dal softball, seguiti poi dal calcio, dalbasket e dalla pallavolo. Non a caso molti manga diretti a un pubblico adolescenziale si focalizzano su uno o più di questi sport.
Ma la cultura e la tradizione non vengono dimenticate, si hanno così clubs sulla cerimonia del the, sulla calligrafia, sull'ikebana (foto in alto).
Non mancano club sui manga tanto che molti noti mangaka (autori di fumetti) hanno iniziato la loro carriera o si sono fatti notare al tempo della scuola.
Così come la società giapponese così anche la vita nel club ha un funzionamento gerarchico: distingue tra senpai e kohai, tra i compagi anziani e i giovani: il Kohai deve rispettare il suo Senpai quasi fosse un professore, d'altra parte quest'ultimo prende sotto la sua ala protettrice il nuovo componente del club.
Negli ultimi dieci anni si sono verificati numerosi problemi d'ordine morale, come la violenza, i soprusi e il suicidio.Per quanto riguarda la violenza bisogna distinguere quella tra studenti e quella degli studenti verso i professori, si sono avuti moltissimi casi senza contare che parecchi istituti preferiscono tacere per preservare la loro immagine. Gli studenti rimproverano spesso ai professori di essere troppo severi e inquisitori, spesso i castighi corporali rasentano il sadismo, ma pur vietando questo genere di castighi la posizione di insegnanti e genitori rimane molto ambigua. Pari passo a queste violenze si è fatto strada un altro problema, quello definito "ijime", cioè soprusi che vanno dalla violenza verbale all'estorsione, all'ostracismo.
La solitudine e il fallimento sembrano essere i motivi fondamentali del suicidio tra i giovani. In un sistema in cui la vita di gruppo è molto importante, subire l' ijime può portare lo studente verso il suicidio.
Su tutto questo c'è un continuo dibattito in Giappone ma il ministero dell'istruzione rimane rigido nella sua tradizione.
Luogo pubblico per eccellenza, la scuola giapponese, pare così essere un apprendistato culturale e morale, come vivere in società è dunque insegnato a scuola. Li istruisce, li responsabilizza, dà loro dei valori morali in modo che la loro personalità possa svilupparsi naturalmente e che possano mantenere e accettare il loro ruolo nella società, ma c'è anche il rovescio della medaglia, per arrivare a questo scopo pare essere troppo severa e assillante, tanto da deresponsabilizzare gli stessi genitori che si affidano un po' troppo a lei.
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